Nel 1615 la Repubblica di Venezia scatenò contro gli Asburgo
quella che fu detta “guerra gradiscana”
perché si svolse in gran parte attorno alla fortezza, che costituiva il vero
obiettivo degli aggressori, anche se ufficialmente il conflitto era sorto a causa
di azioni piratesche compiute dagli Uscocchi in Dalmazia contro le navi venete.
Ma Ferdinando d’Asburgo
che nel 1619 era diventato imperatore, pur nelle difficoltà in cui si trovava,
non si lasciò tentare dalle proposte veneziane.
Lo Stato
Gradiscano comprendeva, oltre alla città fortificata, la città di Aquileja
e moltissime altre località: Mossa,
Villanova di Farra, Farra, Bruma, Romans, Fratta, Versa, Villesse,
Jalmicco, Nogaredo, San Vito, Visco, Joannis, Ajello, Crauglio, Tapogliano,
Ruda, San Nicolò di Levata, Villa Vicentina, Fiumicello, Terzo, Cervignano,
Monastero di Aquileia, San Giorgio, Torre di Zuino, Ontagnano, Fauglis, Gonars,
Porpetto, Chiarisacco, Carlino, San Gervaso, Precenicco, Rivarotta, Driolassa,
Campomolle, Virco, Gradiscutta, Goricizza.
Le azioni dei pirati a
danno di Venezia erano tollerate, anzi incoraggiate,
dagli Asburgo di Graz da cui dipendeva la località di Segna in cui erano
insediati, perché il controllo veneziano dell’Adriatico impediva lo sviluppo
degli sbocchi al mare dei loro domini, Trieste e Fiume.
Fu la prima occasione
per verificare la capacità difensiva
della fortezza di Gradisca dopo la conquista da parte degli Austriaci, nel
1511, e le opere di rinforzo che si erano attuate nel corso del secolo XVI. Ma
fu anche il preludio di una guerra
che di lì a poco avrebbe sconvolto l’Europa: la Guerra dei Trent’anni.
Il 14 dicembre 1615, fallite tutte le trattative diplomatiche per
obbligare gli Austriaci a tenere a freno gli Uscocchi, scoppiò
la guerra. Fu preferito il fronte della pianura friulana piuttosto che il
territorio impervio e insidioso della Dalmazia, nella convinzione di poter avere senz'altro
la meglio, sia per la superiorità marittima, sia per il possesso della nuova fortezza di Palma, eretta nel
1593.
Riccardo di Strassoldo |
L'inizio della campagna fu favorevole, in
effetti, a Venezia, che riuscì ad occupare in pochissimo tempo la campagna attorno
a Gradisca e ad isolare la fortezza. In due occasioni sembrava che la
capitolazione fosse vicina, nel febbraio 1616 e nel 1617, ma la resistenza degli arciducali, nonostante
il massiccio bombardamento, ebbe la meglio, e, alla fine, i Veneti desistettero
e l’assedio fu tolto. Nell'estenuante contesa contò anche l'esperienza militare di Riccardo di Strassoldo, luogotenente di Gradisca, a cui fu riconosciuto il maggiore merito della vittoria sugli avversari. Viene ricordato dagli storici anche il ruolo avuto da sua moglie, Elisabetta Rabatta, nel coinvolgimento delle donne gradiscane a supporto delle azioni di difesa della fortezza.
Dalle cronache della guerra,
tra cui la più completa è quella dell’udinese Faustino Moisesso, emerge che i
due eserciti contendenti non rappresentavano due nazioni realmente contrapposte,
anzi, c’era una grande confusione. Ecco quello che scrive: “in
ciascuno degli eserciti ci sono le nazioni
molto mescolate et confuse, essendo che buon numero di italiani hanno
guerreggiato contra la Repubblica per Ferdinando…” e “per la Repubblica altrsì
contra di esso compagnie et reggimenti interi di alemanni” .
Da queste vicende la fortezza di Gradisca ricavò grande fama, rafforzata in seguito,
quando da città militare divenne capoluogo di una contea principesca.
La guerra aveva procurato alle fortificazioni e alle case danni ingentissimi e l'opera di
restauro apparve subito imponente. Nello stesso periodo l’Impero si
impegnava nell'ancor più onerosa guerra dei Trent'anni. Cercò di approfittarne
la Repubblica di Venezia offrendo
ripetutamente alla Casa d'Austria ingenti
somme di denaro per acquistare la fortezza che non era riuscita a prendere
con le armi.
L'imperatore Ferdinando II |
Decise, invece, di trasformare la Capitania di Gradisca in Contea Principesca sovrana e immediata
dell'lmpero Germanico cedendola, nel 1647, per una somma di 315.000 fiorini
a uno dei suoi creditori, il ricco principe Giovanni Antonio di Eggenberg, originario di Graz, alla
condizione che la proprietà della contea tornasse alla Casa d'Austria in caso
di estinzione della famiglia.
L'atto di cessione garantiva ai nuovi possessori la sovranità del territorio, ma fissava
anche delle condizioni e tra queste
il «jus aperturae» della fortezza in caso di necessità o di guerra, e la
conservazione in piena efficienza delle strutture militari, col mantenimento di
un discreto presidio e l’effettuazione dei necessari lavori di manutenzione.
Tutto il carico dei danni
di guerra passava perciò alla nuova famiglia regnante, che, peraltro,
disponeva di enormi risorse finanziarie e potè senza difficoltà farvi fronte.
Con l'acquisto di Gradisca, d'altronde, essa aveva acquistato il
diritto di intervento e di voto nel consesso dei principi dell'lmpero, ciò che
era il maggior vantaggio.
Nei settant'anni in cui
furono sovrani di Gradisca, gli Eggenberg non vi risiedettero affatto, se non
per brevissime visite, mentre affidarono tutti gli affari di governo a loro
delegati.
Giovanni Antonio di Eggenberg |
L’atto di conferimento del territorio è datato 25 febbraio 1647 e diretto al principe
di Eggenberg e contiene le principali disposizioni.
Il barone Carl von Czoernig nella sua monumentale opera dedicata
al territorio delle Principiate Contee di Gorizia e Gradisca riporta a pag. 834
del primo volume, l’atto di vendita
tradotto in lingua italiana: "Per indennizzare il principe Giovanni
Antonio di Eggenberg delle spese da lui sostenute quale imp. Ambasciatore alla
corte papale e costretto a impegnare e vendere parte delle imp. Contee e
signorie all’uopo di procurare i mezzi necessari di difesa, coi quali poter vie
meglio preservare le provincie da un’invasione nemica, l’imperatore Ferdinando
III concede ad esso principe il capitanato di Gradisca con la omonima città e fortezza,
come non meno la città di Aquileja in effettiva proprietà, per la somma in
contanti di 200.000 fiorini, e il versamento di un capitale di 115.000 fiorini
investiti presso la provincia della Carinzia, e quindi in tutto 315.000
fiorini, verso i seguenti patti e condizioni".
Seguono nove clausole
molto precise: 1) il principe doveva tenere saldo il presidio dello Stato
Gradiscano, soprattutto i confini
con la Serenissima, 2) l’imperatore poteva introdurre un presidio più saldo
all’interno dello stato, 3) l’imperatore si offriva di prestare soccorso al principe in caso di
attacco, 4) l’imperatore si riservava i diritti di giuspatronato sulla basilica
di Aquileia e l’allocazione dei canonicati, 5) lo Stato Gradiscano sarebbe ritornato alla casa imperiale in caso
di estinzione della linea mascolina, 6) senza il consenso dell’imperatore il
principe non poteva alienare parti
dello stato, 7) le famiglie nobili
conservavano le loro antiche prerogative e i privilegi, 8) le contribuzioni venivano determinate dalla
dieta degli Stati, 9) il principe non
poteva chiedere ulteriori indennizzi dalla sua attività di legato imperiale
presso il sommo pontefice.
La consegna
della Contea ebbe luogo da parte del conte Francesco Lantieri, Capitano di
Gorizia, esattore di Gradisca, di Giovanni Guido del Mestri e di Pietro da Leo,
consigliere governativo di Graz. Il vescovo di Trieste Antonio de Marenzi
ricevette in nome del principe l’omaggio dei nuovi sudditi il 15 giugno 1647.
Poco dopo, il 23 settembre, ci fu la prima riunione del consorzio dei nobili gradiscani i quali formarono i
nuovi stati provinciali: a capo un maresciallo provinciale e 3 deputati uno per
ciascun ceto (ecclesiastici, signori e cavalieri). A commissario con pieni
poteri per le trattative e la presa in consegna della contea, il principe
nominò il suo segretario l’abate
Francesco Boffi, che anche dopo la morte del principe, durante i lunghi
anni della minore età dei suoi figli, tenne l’amministrazione del territorio.
La nuova organizzazione statale chiuse
economicamente il territorio del gradiscano, soprattutto verso Gorizia con la quale iniziò una guerra doganale.Gradisca però ebbe dal
1660 al 1695 un Capitano molto attento agli interessi della città, il conte Francesco Uldarico della Torre,
che realizzò molte opere di pubblica utilità: il primo magazzino pubblico di cereali, le scuole,
il Monte di pietà.
Introdusse anche l’industria della seta, dalla dipanatura dei
bozzoli alla tessitura e tintura delle stoffe, portò inoltre alcune attività
artigianali da Venezia, costruì una loggia pubblica per le riunioni degli stati
e rese molto più sontuoso l’aspetto urbano della città fortificata.
Nei settant'anni in cui Gradisca fu capoluogo della Contea Principesca
creata per risarcire i principi Eggenberg, la città conobbe il suo momento di maggiore splendore. Una pace
duratura e un'azione di governo saggia ed illuminata assicurarono un ordinato
sviluppo urbano, economico e sociale, e fecero assumere a Gradisca il carattere
di centro residenziale in contrapposizione a quello di cittadella militare.
Il formarsi di un consorzio
nobiliare locale in concorrenza con Gorizia arricchì la vita sociale e
contribuì a migliorare anche l'immagine della città con la comparsa di sobri ma
eleganti palazzetti lungo le
quattro “rughe venete” su cui si era sviluppato il tessuto edilizio.
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