STORIA DELLA CONTEA

Nel 1615 la Repubblica di Venezia scatenò contro gli Asburgo quella che fu detta “guerra gradiscana” perché si svolse in gran parte attorno alla fortezza, che costituiva il vero obiettivo degli aggressori, anche se ufficialmente il conflitto era sorto a causa di azioni piratesche compiute dagli Uscocchi in Dalmazia contro le navi venete.
Le azioni dei pirati a danno di Venezia erano tollerate, anzi incoraggiate, dagli Asburgo di Graz da cui dipendeva la località di Segna in cui erano insediati, perché il controllo veneziano dell’Adriatico impediva lo sviluppo degli sbocchi al mare dei loro domini, Trieste e Fiume.
Fu la prima occasione per verificare la capacità difensiva della fortezza di Gradisca dopo la conquista da parte degli Austriaci, nel 1511, e le opere di rinforzo che si erano attuate nel corso del secolo XVI. Ma fu anche il preludio di una guerra che di lì a poco avrebbe sconvolto l’Europa: la Guerra dei Trent’anni.
Il 14 dicembre 1615, fallite tutte le trattative diplomatiche per obbligare gli Austriaci a tenere a freno gli Uscocchi,  scoppiò la guerra. Fu preferito il fronte della pianura friulana piuttosto che il territorio impervio e insidioso della Dalmazia, nella convinzione di poter avere senz'altro la meglio, sia per la superiorità marittima, sia per il possesso della nuova fortezza di Palma, eretta nel 1593. 
Riccardo di Strassoldo
L'inizio della campagna fu favorevole, in effetti, a Venezia, che riuscì ad occupare in pochissimo tempo la campagna at­torno a Gradisca e ad isolare la fortezza. In due occasioni sembrava che la capitolazione fosse vicina, nel febbraio 1616 e nel 1617, ma la resistenza degli arciducali, nono­stante il massiccio bombardamento, ebbe la meglio, e, alla fine, i Veneti desistettero e l’assedio fu tolto. Nell'estenuante contesa contò anche l'esperienza militare di Riccardo di Strassoldo, luogotenente di Gradisca, a cui fu riconosciuto il maggiore merito della vittoria sugli avversari. Viene ricordato dagli storici anche il ruolo avuto da sua moglie, Elisabetta Rabatta, nel coinvolgimento delle donne gradiscane a supporto delle azioni di difesa della fortezza.
Dalle cronache della guerra, tra cui la più completa è quella dell’udinese Faustino Moisesso, emerge che i due eserciti contendenti non rappresentavano due nazioni realmente contrapposte, anzi, c’era una grande confusione. Ecco quello che scrive: “in ciascuno degli eserciti ci sono le nazioni molto mescolate et confuse, essendo che buon numero di italiani hanno guerreggiato contra la Repubblica per Ferdinando…” e “per la Repubblica altrsì contra di esso compagnie et reggimenti interi di alemanni” .
Da queste vicende la fortezza di Gradisca ricavò grande fama, rafforzata in seguito, quando da città militare diven­ne capoluogo di una contea principesca.
La guerra aveva procurato alle fortificazioni e alle case danni ingentissimi e l'opera di restauro apparve subito imponente. Nello stesso perio­do l’Impero si impegnava nell'ancor più onerosa guerra dei Trent'anni. Cercò di appro­fittarne la Repubblica di Venezia offrendo ripetutamen­te alla Casa d'Austria ingenti somme di de­naro per acquistare la fortezza che non era riuscita a prendere con le armi.
L'imperatore Ferdinando II
Ma Ferdinando d’Asburgo che nel 1619 era diventato imperatore, pur nelle difficoltà in cui si trovava, non si lasciò tentare dalle proposte veneziane.
Decise, invece, di trasformare la Capitania di Gradisca in Contea Princi­pesca sovrana e immediata dell'lmpero Germanico cedendola, nel 1647, per una somma di 315.000 fiorini a uno dei suoi cre­ditori, il ricco principe Giovanni Antonio di Eg­genberg, originario di Graz, alla condizione che la proprietà della contea tornasse alla Casa d'Austria in caso di estinzione della famiglia.
L'atto di cessione garantiva ai nuovi posses­sori la sovranità del territorio, ma fis­sava anche delle condizioni e tra que­ste il «jus aperturae» della fortezza in caso di necessità o di guerra, e la conservazione in piena efficienza delle strutture militari, col mantenimento di un discreto presidio e l’effettuazione dei necessari lavori di manu­tenzione.
Tutto il carico dei danni di guer­ra passava perciò alla nuova famiglia re­gnante, che, peraltro, disponeva di enormi risorse finanziarie e potè senza difficoltà far­vi fronte.
Con l'acquisto di Gradisca, d'al­tronde, essa aveva acquistato il diritto di intervento e di voto nel consesso dei prin­cipi dell'lmpero, ciò che era il maggior vantaggio.
Nei settant'anni in cui furono sovrani di Gradisca, gli Eggenberg non vi risiedettero affatto, se non per brevissime visite, mentre affidarono tutti gli affari di governo a loro delegati.
Giovanni Antonio di Eggenberg
Lo Stato Gradiscano comprendeva, oltre alla città fortificata, la città di Aquileja e moltissime altre località: Mossa, Villanova di Farra, Farra, Bruma, Romans, Fratta, Versa,  Villesse, Jalmicco, Nogaredo, San Vito, Visco, Joannis, Ajello, Crauglio, Tapogliano, Ruda, San Nicolò di Levata, Villa Vicentina, Fiumicello, Terzo, Cervignano, Monastero di Aquileia, San Giorgio, Torre di Zuino, Ontagnano, Fauglis, Gonars, Porpetto, Chiarisacco, Carlino, San Gervaso, Precenicco, Rivarotta, Driolassa, Campomolle, Virco, Gradiscutta, Goricizza.
L’atto di conferimento del territorio è datato 25 febbraio 1647 e diretto al principe di Eggenberg e contiene le principali disposizioni.
Il barone Carl von Czoernig nella sua monumentale opera dedicata al territorio delle Principiate Contee di Gorizia e Gradisca riporta a pag. 834 del primo volume, l’atto di vendita tradotto in lingua italiana: "Per indennizzare il principe Giovanni Antonio di Eggenberg delle spese da lui sostenute quale imp. Ambasciatore alla corte papale e costretto a impegnare e vendere parte delle imp. Contee e signorie all’uopo di procurare i mezzi necessari di difesa, coi quali poter vie meglio preservare le provincie da un’invasione nemica, l’imperatore Ferdinando III concede ad esso principe il capitanato di Gradisca con la omonima città e fortezza, come non meno la città di Aquileja in effettiva proprietà, per la somma in contanti di 200.000 fiorini, e il versamento di un capitale di 115.000 fiorini investiti presso la provincia della Carinzia, e quindi in tutto 315.000 fiorini, verso i seguenti patti e condizioni".
Seguono nove clausole molto precise: 1) il principe doveva tenere saldo il presidio dello Stato Gradiscano, soprattutto i confini con la Serenissima, 2) l’imperatore poteva introdurre un presidio più saldo all’interno dello stato, 3) l’imperatore si offriva di prestare soccorso al principe in caso di attacco, 4) l’imperatore si riservava i diritti di giuspatronato sulla basilica di Aquileia e l’allocazione dei canonicati, 5) lo Stato Gradiscano sarebbe ritornato alla casa imperiale in caso di estinzione della linea mascolina, 6) senza il consenso dell’imperatore il principe non poteva alienare parti dello stato, 7) le famiglie nobili conservavano le loro antiche prerogative e i privilegi, 8) le contribuzioni venivano determinate dalla dieta degli Stati, 9) il principe non poteva chiedere ulteriori indennizzi dalla sua attività di legato imperiale presso il sommo pontefice. 


Il carro d'oro con cui Giovanni Antonio I di Eggenberg aveva fatto nel 1638 il suo viaggio diplomatico a Roma per incontrare Papa Urbano VIII a nome dell'Imperatore Ferdinando II. E' conservato nel Castello di Cesky Krumlov 
La consegna della Contea ebbe luogo da parte del conte Francesco Lantieri, Capitano di Gorizia, esattore di Gradisca, di Giovanni Guido del Mestri e di Pietro da Leo, consigliere governativo di Graz. Il vescovo di Trieste Antonio de Marenzi ricevette in nome del principe l’omaggio dei nuovi sudditi il 15 giugno 1647.
Poco dopo, il 23 settembre, ci fu la prima riunione del consorzio dei nobili gradiscani i quali formarono i nuovi stati provinciali: a capo un maresciallo provinciale e 3 deputati uno per ciascun ceto (ecclesiastici, signori e cavalieri). A commissario con pieni poteri per le trattative e la presa in consegna della contea, il principe nominò il suo segretario l’abate Francesco Boffi, che anche dopo la morte del principe, durante i lunghi anni della minore età dei suoi figli, tenne l’amministrazione del territorio.
La nuova organizzazione statale chiuse economicamente il territorio del gradiscano, soprattutto verso Gorizia con la quale iniziò una guerra doganale.Gradisca però ebbe dal 1660 al 1695 un Capitano molto attento agli interessi della città, il conte Francesco Uldarico della Torre, che realizzò molte opere di pubblica utilità:  il primo magazzino pubblico di cereali, le scuole, il Monte di pietà.
Introdusse anche l’industria della seta, dalla dipanatura dei bozzoli alla tessitura e tintura delle stoffe, portò inoltre alcune attività artigianali da Venezia, costruì una loggia pubblica per le riunioni degli stati e rese molto più sontuoso l’aspetto urbano della città fortificata. 
Nei settant'anni in cui Gradisca fu capoluogo della Contea Princi­pesca creata per risarcire i principi Eggen­berg, la città conobbe il suo momento di maggiore splendore. Una pace duratura e un'azione di gover­no saggia ed illuminata assicurarono un ordinato sviluppo urbano, economico e sociale, e fecero assumere a Gradisca il carattere di centro residenzia­le in contrapposizione a quello di cittadella militare.
Il formarsi di un consorzio nobiliare locale in concorrenza con Gorizia arricchì la vita sociale e contribuì a migliorare anche l'immagine della città con la comparsa di sobri ma ele­ganti palazzetti lungo le quattro “rughe venete” su cui si era sviluppato il tessuto edilizio.


L’indipendenza della principiata contea finì però con la morte del ramo mascolino degli Eggenberg  nel 1717; la città conservò un’amministrazione particolare per oltre trent’anni ma nel giugno 1754 venne assorbita dalla Principiata Contea di Gorizia.

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