giovedì 5 maggio 2016

Emopoli, il nome perduto

Il nome Emopoli sopravvive soprattutto perché è ancora associato a uno dei più vecchi e accoglienti caffè di Gradisca, ma la sua origine si perde nella notte dei tempi e la sua rapida scomparsa è probabilmente dovuta al fatto che il personaggio a cui era collegato, Giovanni Emo (1419-1483) morì prima del completamento dei lavori di fortificazione del luogo, e comunque già poco dopo la fondazione della città aveva lasciato il suo incarico di Luogotenente della Patria del Friuli.
Di lui si sono poche tracce visive. Ci piacerebbe che fosse proprio lui (anche se non tutti gli storici dell'arte sono concordi su questa identificazione tradizionale) il condottiero ritratto dal grande Giovanni Bellini attorno al 1480 e ora conservato alla National Gallery di Washington. Un bel ritratto che rispecchia efficacemente il carattere energico e autoritario dell'Emo, ma anche la raffinatezza dei suoi gusti attraverso un abbigliamento molto ricercato.


A Gradisca si conserva nel Lapidario civico la preziosa iscrizione in cui si parla di Emopoli e si spiega che nel 1479 per volontà della Repubblica di Venezia, sotto il doge Giovanni Mocenigo, il Luogotenente del Friuli Giovanni Emo fece munire il colle di Gradisca con mura e fossati e che il costruttore Enrico di Francia, dal nome dell'autore, nominò questo luogo Emopoli.


Ma chi era Giovanni Emo, il veneziano che nel 1479 fondò la nuova fortezza sull'Isonzo per difendere la patria dai Turchi? E che solo quattro anni dopo morì sul campo di battaglia sbalzato e calpestato dal suo cavallo?

stemma della famiglia Emo

Giovanni Emo nacque a Venezia, nel sestiere di Cannaregio, il 21 febbraio 1419. Apparteneva a una famiglia prestigiosa e ricca (che non diede nessun doge ma annovera tra i suoi membri valorosi comandanti militari e diplomatici) ed ebbe un’ottima istruzione in campo umanistico. Poco più che ventenne si dedicò alla politica. Si sposò due volte, nel 1448 con Chiara Priuli, da cui ebbe un figlio, Giorgio, e nel 1457, rimasto vedovo, con Elisabetta Molin, da cui ebbe due figli.
Tra i suoi incarichi più importanti fu nel 1463 l’ambasceria a Buda presso il re d’Ungheria, Mattia Corvino, per concordare un’azione comune contro i Turchi che stavano invadendo la Bosnia (nel 1453 Costantinopoli era caduta nelle loro mani ed era stata la fine dell’Impero romano d’Oriente). Vi rimase due anni. 
Mattia Corvino re d'Ungheria
In seguito, nel 1465, si recò a Roma per conferire col pontefice e ragguagliarlo sulle azioni di guerra contro I Turchi.
Fu anche a Napoli, sempre come ambasciatore della Repubblica per il matrimonio del duca Alfonso di Calabria, figlio del re Ferdinando, con Ippolita Sforza. 
Alla fine del 1465 divenne podestà e capitano di Belluno, dove rimase fino al 1468 occupandosi soprattutto delle miniere e dei rifornimenti di legname destinati all’Arsenale, dove si costruivano le galere impegnate nella guerra navale in Oriente.
La sua vita fu caratterizzata da molti impegni e responsabilità, viaggi, missioni, incarichi vari (“homo ingentis animi” lo definì lo storico Sabellico).
Nel 1469 tornò in Ungheria per portare aiuto finanziario al re impegnato nella guerra. Di nuovo a Venezia nel 1471 entrò a far parte del Consiglio dei Dieci. Come elettore ducale avversò duramente Nicolò Tron, accusandolo di avere fatto l’usuraio a Rodi, ma questi fu ugualmente eletto. Nel 1473, però, fu tra gli elettori del nuovo doge Nicolò Marcello.

I suoi viaggi nel Mediterraneo furono molto frequenti. Nell'estate del 1472 Emo fu inviato presso il sultano d'Egitto per  ottenere la liberazione del console veneto a Damasco, che era stato imprigionato; la missione ebbe successo, anche perché l'Emo era giunto con due navi cariche di regali e varie merci, e cosi il sultano poteva rassicurare la Signoria circa la sorte del console, e per di più prometteva il suo interessamento affinché il pepe destinato alla Repubblica fosse secco e puro, a patto - beninteso - che i Veneti lo pagassero con oro non mescolato a rame.
Non tutte le sue missioni portarono a risultati positivi: nonostante i suoi viaggi a Napoli i rapporti col re Ferdinando entrarono in crisi, e anche quando andò, nel 1475, a Costantinopoli per trattare direttamente col Sultano Maometto II al fine di ottenere condizioni di pace meno onerose di quelle da lui pretese, non riuscì a scalfire la sua intransigenza e portò indietro solo una immagine della Madonna che si credeva riproducesse fedelmente le sue fattezze.
Dopo avere svolto, nel 1476, l’incarico di capitano di Brescia e avere partecipato ad azioni di guerra in Toscana, nel 1478 gli fu affidato l’incarico di Luogotenente della Patria del Friuli.
Si recò a Udine il 20 genn. 1479, ma in compagnia di altri nobili: Domenico Zorzi (che però mori subito), Zaccaria Barbaro e Candiano Bollani. Compito dei quattro era di potenziare le strutture difensive sull'Isonzo, che recentemente si erano dimostrate incapaci di arginare le incursioni dei Turchi nella regione. In particolare l' Emo che si fermò in Friuli sino al 23 giugno del 1480, nella sua qualità di luogotenente della Patria, poté condurre a termine il ripristino delle fosse e delle mura di Udine ed il potenziamento della fortezza di Gradisca.
Dopo un periodo in cui risiedette stabilmente a Venezia, nel 1482 fu chiamato al comando delle truppe nella guerra del Polesine e si impegnò strenuamente per la conquista di Ferrara. Colpito dalla malaria, dovette ritirarsi a Venezia, ma ben presto tornò sul campo di battaglia e ritentò l’assalto alla città, ma nel corso di un’azione fu sbalzato a terra dal suo cavallo e calpestato. Morì pochi giorni più tardi in mezzo ai suoi soldati, il 15 settembre 1483.
Fu sepolto in una sontuosa arca nella chiesa di Santa Maria dei Servi. Nell'Ottocento però la chiesa fu distrutta e del suo monumento si conserva solo la statua, oggi al Museo civico di Vicenza.

Per saperne di più Giovanni Emo (Enciclopedia Italiana)


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