martedì 19 aprile 2016

Un articolo sullo Stato gradiscano da "Voce isontina".

Lo Stato gradiscano: genesi e fine di un'istituzione poco nota
di Vanni Feresin, Andrea Nicolausig su “Voce isontina”
30/12/2014

Nel 1647 la città di Gradisca, insieme al suo territorio, venne eletta a contea principiata, staccata (nonostante le proteste degli stati provinciali goriziani) dalla contea di Gorizia e a assegnata al principe von Eggenberg quale stato feudale sovrano che ebbe una durata di 70 anni, fino a quando il nobile casato si estinse.
La contea prese il nome dalla città fortificata di Gradisca e il principe venne accolto tra gli stati imperiali del circolo austriaco.
Lo Stato Gradiscano comprendeva, oltre alla città fortificata, la città di Aquileja e moltissime altre località: Mossa, Villanova di Farra, Farra, Bruma, Romans, Fratta, Versa,  Villesse, Jalmicco, Nogaredo, San Vito, Visco, Joannis, Ajello, Crauglio, Tapogliano, Ruda, San Nicolò di Levata, Villa Vicentina, Fiumicello, Terzo, Cervignano, Monastero di Aquileia, San Giorgio, Torre di Zuino, Ontagnano, Fauglis, Gonars, Porpetto, Chiarisacco, Carlino, San Gervaso, Precenicco, Rivarotta, Driolassa, Campomolle, Virco, Gradiscutta, Goricizza.


L’atto di conferimento del territorio è datato 25 febbraio 1647 e diretto al principe di Eggenberg e contiene le principali disposizioni. 

Il barone Carl von Czoernig nella sua monumentale opera dedicata al territorio delle Principiate Contee di Gorizia e Gradisca riporta a pag. 834 del primo volume, l’atto di vendita tradotto in lingua italiana: "Per indennizzare il principe Giovanni Antonio di Eggenberg delle spese da lui sostenute quale imp. Ambasciatore alla corte papale e costretto a impegnare e vendere parte delle imp. Contee e signorie all’uopo di procurare i mezzi necessari di difesa, coi quali poter vie meglio preservare le provincie da un’invasione nemica, l’imperatore Ferdinando III concede ad esso principe il capitanato di Gradisca con la omonima città e fortezza, come non meno la città di Aquileja in effettiva proprietà, per la somma in contanti di 200.000 fiorini, e il versamento di un capitale di 115.000 fiorini investiti presso la provincia della Carinzia, e quindi in tutto 315.000 fiorini, verso i seguenti patti e condizioni".
Seguono nove clausole molto precise: 1) il principe doveva tenere saldo il presidio dello Stato Gradiscano, soprattutto i confini con la Serenissima, 2) l’imperatore poteva introdurre un presidio più saldo all’interno dello stato, 3) l’imperatore si offriva di prestare soccorso al principe in caso di attacco, 4) l’imperatore si riservava i diritti di giuspatronato sulla basilica di Aquileia e l’allocazione dei canonicati, 5) lo Stato Gradiscano sarebbe ritornato alla casa imperiale in caso di estinzione della linea mascolina, 6) senza il consenso dell’imperatore il principe non poteva alienare parti dello stato, 7) le famiglie nobili conservavano le loro antiche prerogative e i privilegi, 8) le contribuzioni venivano determinate dalla dieta degli Stati, 9) il principe non poteva chiedere ulteriori indennizzi dalla sua attività di legato imperiale presso il sommo pontefice.
La consegna della Contea ebbe luogo da parte del conte Francesco Lantieri, Capitano di Gorizia, esattore di Gradisca, di Giovanni Guido del Mestri e di Pietro da Leo, consigliere governativo di Graz. Il vescovo di Trieste Antonio de Marenzi ricevette in nome del principe l’omaggio dei nuovi sudditi il 15 giugno 1647.
Poco dopo, il 23 settembre, ci fu la riunione del consorzio dei nobili gradiscani i quali formarono i nuovi stati provinciali: a capo un maresciallo provinciale e 3 deputati uno per ciascun ceto (ecclesiastici, signori e cavalieri). A commissario con pieni poteri per le trattative e la presa in consegna della contea, il principe nominò il suo segretario l’abate Francesco Boffi, che anche dopo la morte del principe, durante i lunghi anni della minore età dei suoi figli, tenne l’amministrazione del territorio.
La nuova organizzazione statale chiuse economicamente il territorio del gradiscano, soprattutto verso Gorizia con la quale iniziò una guerra doganale.
Gradisca però ebbe un Capitano molto attento agli interessi della città, il conte Francesco Uldarico conte di Thurn, che realizzò il primo magazzino pubblico di cereali, le prime scuole, il Monte di pietà. Introdusse anche l’industria serica, dalla dipanatura dei bozzoli alla tessitura e tintura della seta, portò inoltre alcune attività artigianali da Venezia, costruì una loggia pubblica per le riunioni private degli stati e rese molto più sontuoso l’aspetto urbano della città fortificata.
L’indipendenza della principiata contea finì però con la morte del ramo mascolino degli Eggenberg  nel 1717; la città conservò un’amministrazione particolare per oltre trent’anni ma nel giugno 1754 venne assorbita dalla Principiata Contea di Gorizia.



I volumi delle Cronache parrocchiali

Il cronista e sacrestano don Francesco Antonio Moretti nelle sue Cronache della città e della Parrocchia racconta in modo dettagliato e molto pungente l’ultimo giorno di vita dello Stato Gradiscano, nel giugno 1754: 

"Eccoci giunti ad un giorno il più funesto il più lacrimevole che mai ne sia stato ne secoli andati, per questo povero e sempre mai perseguitato da suoi più vicini, che sono li Goriziani dico questo misero Stato Gradiscano, questi fù li 8 giugno giorno misero di Sabbato della Tempora Vigilia della SS. Trinità. In questo circa l’ora 9, e mezza la mattina capitò nel Palazzo Turriano da Gorizia Sua Ecc.a Con. Ferdinando d’Auhors Comissario già per gran tempo della racconfinazioni (sic!) fra il stato Veneto ed Austriaco, ed era ad hoc novamente destinato da Sua Majestà - quasi plenipotenziario con Sua Commissione o sia Patente /: così da lui spiegata /: li dichiarar lo stato sempre infelice Gradiscano unitto al Goriziano e così venderli di Padrone schiavo di cattena à Gorizia doppo che per prima sua origine fù sempre libero, doppo che per un secolo e mezzo è più assai ampliato di privileggi da Ferdinando II doppo che Sua Maestà stesse la Regina Maria Teresa lo dichiarò con su estesso diploma sottoscritto di proprio pugno per posteris temporibus libero assolutto, ed indipendente da Gorizia, doppo aver esborsato a tal effetto à Sua Maestà trenta milla fiorini oltre altri trenta quasi milla consumatti in sattolar la mai sazia ingordigia de corteggiani accio cooperaremo à tal effetto.
Il tutto fu vano, poiché portattosi l’accennato Co: Commissario nel Palazzo Pubblico ove era radunata tutta la nobiltà Patricia si del Luogo, che fuori, ed in particolare gran quantità di Nobiltà Goriziana tutta festosa per questo riportato trionfo /: qual forse a suo tempo li sarà anche per loro amaro /: là vi spiegò sua patente, e dichiarò, che l’intenzione di Sua Maestà ne sia, che questo Stato Gradiscano in omnibus, et per omnia ne sia unitto à quello di Gorizia per le frequenti istanze de Goriziani, e ciò fatto se ne partì.
Lasciando tutti massime Gradiscani in una profonda consternazione. Questa /: dirò così /: fu una schioppettata datta in schiena à questi poveri signori, mà li sarebbe sortito assai più doloroso, se avesse detto Conte, effettuato questo nella maniera che si aveva prefisso cioè di senza darli un menemo avisso innanzi nello stesso giorno inaspettatamente mortalmente feriti e l’avrebbe fatto se l’Eccmo signor Dottor Molina non l’avesse supplicato à non usar una si fiera innumanità, Onde li fece avisatti alcuni giorni innanzi. Si poccho e da fidarsi delle promesse anche de stessi Monarchi, e Sovrani al tempo d’adesso.
Giunse poi in questi giorni la nuova della Nobiltà d’un quarto genito di Sua Maestà à cui imposero il nome di Ferdinando, onde in loco di festeggiare per tal nascita li poveri Gradiscani vedendo li mesti ed afflitti mi viene in mente di farne la seguente memoria con li tre nascenti Cronografici alludendo à Ferdinando ora 3° le gratie di Ferdinando secondo così il primo
GraDIsCa noLI MarerI, noLIto fLere! Indi segue il secondo ferDInanDVs seCVnDVs prIVILegIIs aVXIt; regina pro neptIs sVstVLIt, a cui corrisponde il terzo ferDInanDVs tertIVs /: aVspICe Deo :/ ILLa tIbi restItVet, aVgebItqVe In aeVa fVtVra.
Questi non esposi perché piccanti, mà solo qui li scrisi per memoria degli incidenti che in quest’anno accorsero e ciò basti per memoria. Ora torniamo al nostro filo".


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